L'Emilia-Romagna di fronte alla violenza politica e al terrorismo:
storia, didattica, memoria

Gli anni Settanta: la mobilitazione antifascista

Gli anni Settanta: la mobilitazione antifascista

Anche a Forlì, come in gran parte del Paese, si diffonde un forte sentimento popolare di ripulsa contro gli attentati dinamitardi e le manovre cospirative che caratterizzano l'avvio della strategia della tensione in Italia. Dall'indomani della strage di Piazza Fontana (Milano, 12 dicembre 1969), la società civile forlivese si mobilita per testimoniare la propria adesione ai valori costituzionali ed alla convivenza democratica. Il forte legame che rapidamente emerge fra le azioni eversive, gli apparati dell’atlantismo oltranzista e il frastagliato mondo del radicalismo nero, porta il movimento cittadino  ad identificare la propria professione civica attraverso parole d’ordine antifasciste e libertarie.

Su tali basi, fra il 1970 e il 1971, si formano nella provincia di Forlì i comitati unitari antifascisti, organismi popolari che riuniscono tutte le forze sociopolitiche che si richiamano allo spirito dell’arco costituzionale e che si oppongono  ad una deriva illiberale ed autoritaria della dinamica nazionale: vere e proprie cinghie di trasmissione dell’azione collettiva promossa dai corpi intermedi (su tutti, i sindacati), i comitati incarnano una forma di auto-difesa di quel virtuoso modello di amministrazione locale – basato sul dialogo consociativo fra le varie anime sociali e sulla costruzione di un welfare diffuso -  che caratterizzava l’intera Regione.

Pertanto lungo la prima metà degli anni ’70, la società civile del comprensorio forlivese si adoperò per impedire ogni contaminazione del tessuto comunitario -ad opera di messaggi, istanze ed azioni eversive e militariste - promuovendo incontri, convegni, cortei, manifestazioni, picchetti e ronde di vigilanza legalitaria.